Le ultime lettere di Japoco Ortis

Libri vecchi, del ‘900 e anche dell’800, si trovano a prezzo assai basso su eBay, e io ne approfitto per dare sfogo, con poca spesa, a una snobistica inclinazione a rileggere romanzi in edizioni coeve all’autore o poco successive. Che si tratti di romanzi d’avventura come “Ivanhoe” o classici italiani come “I Promessi Sposi”, le vecchie pagine trasportano il lettore nell’epoca in cui il libro fu dato alle stampe e fu letto per la prima volta: la scrittura è spesso un po’ antiquata, come le cose di Nonna Speranza, ma c’è il vantaggio che sono assenti prefazioni e note critiche che spesso soffocano le edizioni contemporanee. Quando ho visto questa inserzione su eBay Ugo Foscolo. Le ultime lettere di Jacopo Ortis, in asta a soli 12€ perché mancante del frontespizio e dei dati editoriali, ho pensato bene di provare ad aggiudicarmela: oltre a non aver mai letto il classico di Ugo Foscolo, i caratteri di stampa che si vedevano nella scansione della prima pagina mi sembravano più vicini all’inizio dell’800 che al 1850 ipotizzato dal venditore. In più, sulla pagina di guardia finale, una mano femminile aveva vergato un’ultima romantica “lettera” in aggiunta a quelle di Jacopo. Il frontespizio, evidentemente scomparso quasi subito, era stato riscritto a mano da sulla pagina di guardia iniziale, con esiti forse calligrafici ma catastrofici almeno riguardo al nome del povero Jacopo, divenuto Japoco.

Determinare l’anno di edizione di un vecchio libro privo del frontespizio non è difficile: i bibliotecari “estraggono” l’impronta di ogni libro sufficientemente antico o famoso mettendo insieme 16 caratteri presi dalle ultime righe delle prime pagine del libro (https://norme.iccu.sbn.it/index.php?title=Guida_antico/Appendici/Appendice_A/Regole_generali) e quindi, quando ho avuto in mano il libro e calcolata l’impronta ho potuto determinare l’edizione della mia copia trovandola con la stessa impronta e numero di pagine nell’OPAC del Servizio Bibliotecario Nazionale. Così ho avuto la conferma che si tratta di una rara – sei copie fra tutte le biblioteche italiane – terza edizione del 1802 e considerando che la prima edizione autorizzata dall’autore è dello stesso anno, direi che corrisponde perfettamente ai requisiti di essere coeva all’autore. Ho così potuto provvedere a ricostruire il frontespizio mancante restituendo a Jacopo la corretta ortografia.
Le firme di appartenenza, che si leggono sul frontespizio manoscritto, ci dicono che il libro fu dapprima in mano di Antonino Spagna, poi di Salvatore Grassi Leonardi e di una gentile fanciulla di nome Leanza a cui dobbiamo la romantica lettera aggiunta in fondo a quelle di Jacopo oltre a qualche commento a margine, nel corso del libro. Antonino Spagna e Salvatore Grassi ci portano entrambi in Sicilia: lo Spagna è ricordato nelle cronache di Siracusa per la triste fine che fece durante i moti rivoluzionari del 1820:
e Salvatore Leonardi Grassi è citato in annuari ottocenteschi come avvocato di Catania e Nicosia: quindi anche la nostra Leanza va quasi certamente collocata nell’ ambito dell’800 siciliano. La dedica scritta di pugno da Leanza sul retro della prima di copertina è tutto un programma: “Leggi questo libro ed impara ad amare”.
ma la triste storia della povera Leanza la troviamo solo in fondo al libro, quella che ho chiamato l’ultima lettera di “Japoco” Ortis:
Ne do la trascrizione per chi non fosse abituato alla grafia ottocentesca: “Ah! tu hai ragione: non sei venuto, né verrai, ne ho il presentimento. Ciò che cercano è un patrimonio; il patrimonio non l’ho e tu t’allontani. Il denaro è la parola d’ordine di quest’epoca venale e cupida. La virtù, l’intelligenza, tutta roba che non conta più niente. Non si dice più: “posto ai più degni”, si grida “posto ai più ricchi”. Io sono povera, ne convengo, ma non sono variabile, non sarò di un cercatore di dote, sarò perfetta per un uomo di cuore. Era meglio rinunziare subito a tutto e tagliare il male prima che si estendesse. Leanza.” e a lato, l’amaro commento, “In fondo in fondo siamo nel secolo dei calcolatori” (e non credo si riferisca ai computer). Disillusa, ma non disperata, difficilmente Leanza si sarà tolta la vita per amore come Jacopo; forse avrà trovato l’anima gemella e vissuto una vita normale e felice: ma di lei, nonostante il nome piuttosto raro, non ho trovato traccia nel vasto mare della Rete.

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