007 gradi di separazione

Cose che succedono solo perché c’è internet, state un po’ a sentire.

Pesco dalla libreria un vecchio libro di Ian Fleming, per vedere se James Bond resiste agli anni sulla carta come al cinema.

Diciamo subito che si difende bene, nonostante i suoi 70 anni: l’incipit è fulminante e cinematografico, manca solo di sentire in sottofondo il tema musicale di Monty Norman.
Ma la colonna sonora, in realtà, non manca: l’introduzione della seminuda protagonista, Tiffany Case, è dettagliatamente scandita dalla altrettanto dettagliata descrizione del disco che sta suonando in quel momento.
Il suono malinconico di un pianoforte udito prima di bussare, “Les feuilles mortes“, poi “La Ronde” appena entrato.
Bond riconosce il pianista, George Feyer, un ungherese sfuggito alla morte dal campo di sterminio di Bergen-Belsen e passato da Liszt alla musica leggera.
Godetevi la musica. E’ il miglior disco di musica leggera che esista“, gli dice la discinta ragazza che poi spezzerà il cuore di Bond rifiutandosi di sposarlo.
Il disco sta suonando “J’attendrai’, ultimo brano della prima facciata.
Bond prende nota del numero, VOX 500 e se lo imprime nella memoria, poi lo gira sul lato B.
Saltando il primo brano, La Vie en rose, troppi ricordi, appoggia la puntina del giradischi su Avril en Portugal, pensando a quanto si addiceva quella musica alla ragazza.

A questo punto, passati da Bond (grado di separazione 001) ai gusti musicali Tiffany Case (002), gugglando “George Feyer” non è difficile identificare il disco descritto da James Bond: è “Echoes of Paris”, grande successo del 1953 del pianista George Feyer ed effettivamente registrato col codice VOX 500.

E qui, al terzo grado di separazione, la prima sorpresa: quel disco ce l’ho!
La variopinta copertina mi ritorna in mente insieme agli arpeggi di pianoforte della mamma, sfoglio la pila dei vecchi vinili ereditati dagli anni ’50 della sua giovinezza ed eccolo qui, una specie di extended play del 1953:

Mentre il disco ruota dolcemente sul piatto, senza nemmeno troppi fruscii, mi leggo la lista delle canzoni e, oltre a quelle citate nel libro, ne noto una intitolata a un nome di donna, Valentine, che non può che far pensare al personaggio dei fumetti, disegnato da Guido Crepax basandosi un po’ sulla moglie – che si chiamava Luisa – ma soprattutto su Louise Brooks.

Valentine è un successo di Maurice Chevalier che risale a un secolo fa e Google ne conferma l’associazione con la diva del cinema Louise Brooks grazie ad un’altra canzone di Chevalier, intitolata appunto “Louise”.

e a una cartolina che li raffigura insieme (anche se lei non sembrerebbe essere davvero la Brooks)

Wonderful! Oh, it’s wonderful
To be in love with you.
Beautiful! You’re so beautiful,
You haunt me all day through
.”
In ogni caso questo successo del 1929 potrebbe benissimo essere dedicato alla carismatica diva del cinema degli anni ’20.

Riepilogando dunque, da Bond a Tiffany Case, il disco di Feyer, la canzone di Chevalier, Louise Brooks, Valentina e quindi Crepax, al numero 007 dei gradi di separazione.
Ma il bello è la sorpresa finale.
Di chi sarà mai la mano che con tratto moderno e accattivante ha illustrato la copertina del disco di Georges Feyer, nell’edizione italiana del 1953?
Fortunatamente c’è la firma, sotto al seggiolino del pianista:

Le labbra sottili si schiusero e Goldfinger disse: – C’è un detto a Chicago, Mr Bond, che dice: “La prima volta è un caso, la seconda è una coincidenza, la terza è premeditazione! –

Come non essere d’accordo con Mr Goldfinger? Quando Crepax sceglie Valentina come nome da dare alla protagonista del suo fumetto, ricalcato sui tratti fisici di Louise Brooks, sarà un caso, una coincidenza o sarà perché gli ritorna in mente, bello più che mai, “il miglior disco di musica leggera che esista” di cui ha disegnato la cover qualche anno prima?

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