Efeso






Ci sono luoghi che basta il nome a compensarti del viaggio.
Per esempio, Efeso, patria di Eraclito l’Oscuro e megalopoli dell’antichità ormai morta da 700 anni.
Quasi nulla resta ad Efeso del Tempio di Artemide, una delle Sette Meraviglie del mondo antico, che Creso iniziò a costruire nel 559 a.C. e che fu terminato dopo 120 anni di lavoro.
La notte del sesto giorno di Ecatombeone, nel 356 a.C. nel momento in cui Alessandro nasceva in Macedonia, un pastore lidio (il cui nome taccio per la ragione che vi sarà presto chiara) appiccò il fuoco che distrusse l’Artemisium al solo scopo di far passare alla storia il suo nome.
Resta invece la monumentale Biblioteca di Celso, ricostruita dai tedeschi negli anni ’60 e lasciata sul luogo (a differenza di quanto avevano fatto precedentemente co l’altare di Pergamo).
La guida turca che ci ha accompagnato sul luogo era un arzillo vecchietto che aveva lavorato col professore tedesco che aveva diretto i lavori di scavo.
Ne era innamorato, come anche della lingua italiana che parlava benissimo; ne conosceva tutti gli anfratti e ci ha mostrato – illuminandolo con un frammento di specchio – il monumentale sepolcro di Celso che si intravede da una fessura del pavimento sotto la biblioteca.
Ho fatto la foto un po’ sbilenca, dal basso verso l’alto contro il cielo terso dell’Anatolia perché in questo modo la Biblioteca (che altri chiamano Universo) pare che si componga di un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie esagonali, con vasti pozzi di ventilazione nel mezzo, bordati di basse ringhiere. Da qualsiasi esagono si vedono i piani superiori e inferiori,interminabilmente…

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