La medaglia delle streghe


Sega mulega
le streghe di Gaeta
che filano la seta
la strega di bretagna
che sbatte la castagna
la sbatte tanto forte
che fa tremar le porte
le porte son d’argento
che pesan cinquecento
cinquecento cinquanta
la mia gallina canta
Non era la gallina
è il gallo lì che canta
no che non è il gallo
è strega senza fallo
se è una strega, sia!
ma il diavolo la porti via!


Cercavo una piccola chiave nei cassetti del comò, pieni di scatoline vuote, boccette di profumo e bigiotteria dismessa.
Le tre civette erano momentaneamente assenti e ho avuto tutto il tempo per aprire con calma le infinite scatoline, scrollandone la bambagia in cerca di qualche gioello perduto.
Erano tutte vuote, tranne un paio che contenevano quei ninnoli che si regalano ai neonati, medagline, catenine e braccialettini.
Insieme agli oggettini d’oro c’era anche una medaglietta ottagonale d’alluminio: la “medaglia delle streghe”.

Eccola qui, nello splendore dell’ingrandimento dello scanner:



Quella medaglietta, cito Vittorio Tonelli in “Il diavolo e l’acqua Santa in Romagna”, era indicata comunemente come la “mdaja dal streghi” e si portava per contrastare la magia nera, malefica. Non a caso chiamava a soccorso dei maghi… buoni, come si diceva fossero stati in vita i Re Magi orientali, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre.
Cosa che troviamo ben impressa sul retro della medaglietta:



In “Etruscan Magic and Occult Remedies” di Charles Godf Leland, 1897, questa tradizione viene fatta risalire alle superstizioni etrusco-romane che imponevano di mettere una moneta al collo del bambini per tener lontane streghe e malocchio; e per lungo tempo, anche dopo l’avvento del cristianesimo, le vecchie monete romane continuarono ad essere utilizzate con questo scopo.
Solo in età moderna si venne a un compromesso – come per tanti altri casi – tra la superstizione pagana e la fede cristiana: una medaglia con i tre re Magi da una parte e un po’ di latinorum – che per chi non l’intende fa tanto “formula magica” – dall’altra parte.
Così la tradizione è andata avanti per qualche altro secolo, almeno finché si nasceva in casa e c’era qualche vecchia zia superstiziosa che provvedeva all’apotropaico dono.
Oggi, negli asettici e freddi ambienti ospedalieri, al massimo ti mettono un braccialettino identificativo di plastica che non terrebbe lontana nemmeno la strega Nocciola, figuriamoci Malefica o Crimilde.

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