Ruralia




Due cose mi faceva fare il contadino che abitava dietro casa mia, quand’ero bimbetto: una era reggere il coniglio per le orecchie mentre lui gli sfilava la pelle con un colpo secco; ma questa l’ho fatta solo una volta, prima di vedere il sanguinolento fagottino che mi restava in mano.
L’altra cosa, che invece ho praticato con somma goduria, era la preparazione del cibo dei maiali.
Consisteva nel mettere le barbabietole nell’apposita macchina e far girare, tramite manovella, la grande ruota trituratrice.
Conservo in giardino l’arrugginita macchina, ormai definitivamente trasformata in fioriera; ma ogni anno ne ungo il meccanismo e provo a fare qualche giro di ruota, a ricordo dei vecchi tempi.



Oggi, mentre passavo l’olio protettivo in vista dell’inverno, ho notato la sigla riportata sul davanti:



Mi sono detto: Google, l’onnisciente, mi saprà ben dire quando e da chi fu costruita o almeno mostrarmi qualche parente stretto della mia macchina per cercare di risalire all’epoca della sua costruzione.
La cosa si è risolta in una cocente delusione: con la sigla “PL2A1” il motore di ricerca trova al massimo un cacciavite in America.
Allora ho cercato “taglia barbabietole” e anche in questo caso, a parte un paio di microscopiche fotine, nelle pagine italiane la mia mitica macchina taglia barbabietole è completamente ignorata.
Perché invece in Francia (cercando “coupe racines”) si trovano centinaia di foto, comprese quelle “storiche” e dovizia di informazioni.



La cosa, nel suo piccolo, mi ha confermato che lo stato desolante e l’incerto futuro della nostra agricoltura sono anche legati alla damnatio memoriae che l’inurbazione ha inflitto alla cultura contadina del tempo che fu, insieme alla scomparsa delle lucciole dagli azzurri fiumi e le rogge trasparenti.

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