Divina Sophia



Sorretta dalle colonne in porfido che appartenevano al Tempio del Sole innalzato da Aureliano a Baalbek, sulla volta di una semicupola della Divina Sophia brillano, alla luce del flash, tessere d’oro e cristallo che riportano alla simbologia cristiana delle origini.
Il monogramma di Cristo, pesci, croci; ma anche svastiche, nefer, fiori di loto, simboli meno cristiani, adornano i mosaici salvatisi dai colpi di scimitarra dei giannizzeri – che ne scambiarono le tessere per pietre preziose – solo perché infissi nella cupola più alta del mondo, costruita con pietra pomice e mattoni di Rodi, per renderne più leggero il peso.
Come un colossale sepolcro, essa vive ora la sua terza vita in forma di museo, dopo essere stata basilica e poi moschea: chi vi entra è assalito dal peso dei secoli e delle religioni che ne permeano ancora ogni centimetro quadrato; se ne esce con il rimpianto di doverne abbandonare la spettacolare visione ma anche con un certo sollievo, come se davvero ci si allontanasse da un luogo proibito e non adatto a occhi di semplici mortali.

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