Love Story


Roberto Browning aveva 32 anni, era autore di parecchi volumi di versi, di valore ineguale, ma a volte profondo, sublime, superiore ai più grandi.
Tornato dall’Italia, la sua seconda patria, legge su Atheneum una calorosa difesa della sua opera poetica, da parte di Elisabetta Barrett.
Ne resta affascinato e chiede il permesso a miss Barrett di ringraziarla personalmente.
Lei accetta a malincuore l’incontro col famoso poeta, “preferisco la poesia ai successi ch’essa procura”.
Si incontrarono il 20 maggio 1845.
Roberto era bello, alto, forte, aveva una voce sonora e uno sguardo fascinatore.




Elisabetta era tutta occhi e capelli e aveva quasi quarant’anni.



In breve: quella sera stessa il poeta le dichiara il suo amore.
Lei lo respinge, lo supplica di non parlargli più con tanta esaltazione, e gli offre la sua amicizia.
La debole costituzione fisica di lei peggiora e i medici le consigliano di svernare in Italia; ma il padre rifiuta il suo assenso, affermando che l’inverno inglese è facilmente superabile alimentandosi con buone bistecche.
Restare sarebbe morire: disperando dell’avvenire, Elisabetta acconsente a promettersi a Roberto e una mattina di settembre i due amanti si sposano di nascosto secondo il rito anglicano: una settimana dopo, eccoli fuggiti a Parigi, poi ad Avignone.
Alla fonte di Valchiusa – le “chiare, fresche et dolci acque” del Petrarca – Roberto prende fra le sue braccia Elisabetta e, sceso nell’acqua, l’asside fra le rocce della sorgente.
Infine arrivano in Italia, a Pisa; i monumenti candidi sull’erba, il sole tenero, “i tordi e il vino di Chianti” e l’amore… tutto è nuovo, tutto è bello.
Una sera, mentre lui guarda dalla finestra, la mano di Elisabetta fa cadere un fascicolo nella tasca della sua vestaglia.
Erano i “Sonetti dal Portoghese”, i più bei sonetti che siano mai stati scritti dopo quelli di Shakespeare (che non erano nemmeno sonetti, in effetti).
Pensati per lui, per lui solo, furono pubblicati con quello strano titolo, quasi a negarne l’intima verità.
Si amarono fino alla fine.
Gli ultimi istanti, nell’inverno del 1861 a Firenze, in Casa Guidi, furono per lei una specie di estasi: sostenuta fra le braccia del marito, guardandolo con aria beata, con un sorriso “simile a quello di una vergine” ella trovò ancora le parole per esprimergli “meglio che non avesse fatto mai” tutto l’amore che gli portava.
– Come state? – le chiese.
– E’ bello! – fu la risposta. E fu la sua ultima parola.

Fu sepolta a Firenze, in quel divino “Cimitero degli Inglesi” pieno di cipressi neri che si alzano al cielo per guardare l’altura di Fiesole.
Non troverete alcun epitaffio sulla sua tomba; nemmeno il nome: solo le iniziali e la data (“E.B.B. ob. 1861”).
L’epigrafe posta a Casa Guidi fu dettata da Nicolò Tommaseo e recita:

QUI SCRISSE E MORI’
ELISABETTA BARRETT BROWNING
CHE IN CUORE DI DONNA CONCILIAVA
SCIENZA DI DOTTO E SPIRITO DI POETA
E FECE DEL SUO VERSO AUREO ANELLO
FRA ITALIA E INGHILTERRA
PONE QUESTA LAPIDE
FIRENZE GRATA
1861




Sonnets from the Portuguese

I


I thought once how Theocritus had sung
Of the sweet years, the dear and wished-for years,
Who each one in a gracious hand appears
To bear a gift for mortals, old or young:

And, as I mused it in his antique tongue,
I saw, in gradual vision through my tears,
The sweet, sad years, the melancholy years,
Those of my own life, who by turns had flung

A shadow across me. Straightway I was ‘ware,
So weeping, how a mystic Shape did move
Behind me, and drew me backward by the hair;

And a voice said in mastery, while I strove, —
‘Guess now who holds thee?’ — ‘Death,’ I said. But, there,
The silver answer rang, — ‘Not Death, but Love.’

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