Il Casin degli Spiriti

In questo quadro del pittore veneziano del primo ‘900, Italico Brass, l’acqua della “Sacca della Misericordia”, quasi perfettamente immobile, riflette l’immagine del giardino e del Casin degli Spiriti tutto aleggiante di paurose leggende.
Anche i più razionali ammettono che in quell’edificio “ci si sente” pur spiegando la cosa con un fenomeno di eco e di vento per il quale nel casino giungono le voci provenienti dalla estremità delle Fondamente Nuove.
Nel giardino chiuso ove svettano maliconici cipressi, sorgeva l’antico Ospedale della Misericordia in cui, appestati, morirono migliaia di veneziani; per lungo tempo servì da tappa e da sala autoptica per i morti che venivano trasportati al cimitero di S. Michele in Isola.
E ancora nel secondo dopoguerra un truce fatto di sangue ne macchiò le rive.
Questo paesaggio, uno dei più belli, malinconici e pensosi di Venezia stava per essere rovinato senza rimedio con l’interramento della “Sacca” che era stato pianificato agli inizi degli anni ’20 per far posto a nuove case.
Italico Brass – al tempo aveva ristrutturato e usava come studio la “Scuola Vecchia” della Misericordia – a questa paventata mutilazione di Venezia, si allarmò ed insorse: minacciò di vendere i quadri (aveva una galleria personale strepitosa a base di Tintoretto, Magnasco e Tiziano) e chiudere l’Abbazia; frugò negli archivi ed ebbe la fortuna di trovare un documento che provava i diritti di Belluno su quella che era stata per secoli la stazione di arrivo delle zattere del Cadore.
Grazie anche all’aiuto dei Bellunesi, la ebbe vinta e Venezia ha conservato questo splendido scorcio lagunare.
Altri tempi, altri veneziani.
Di suo nipote, cui fermamente impose il “nick” dell’amato Jacopo Robusti, tutti sapete.
Del Mose e di altre diavolerie per prosciugare la laguna, sarà il tempo a giudicare.

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