










Non che starsene rintanati davanti al camino scoppiettante fosse poi così triste; e nemmeno dover spalare un po’ di neve per farsi strada in giardino.
Quello che mi ha davvero scassato le palle è stata la presenza massiccia di drammatici titoloni al riguardo, nonché le relative chiacchiere che sono riuscite ad oscurare perfino Schettino e la sua Concordia.
Quindi, fanculo ghiaccio e gelo, ho preso l’aereo e ieri stavo fra le nuvole, sull’Atlantico, nel blu dipinto di blu, dopo essere passato su Roma che non aveva (almeno vista dall’aereo) nessuna traccia di neve (evidentemente se la era spalata tutta Alemanno).
LE LEGGI FONDAMENTALI DELLA STUPIDITA’ UMANA
di Carlo M. Cipolla, Professore Emerito di storia Economica a Berkeley
La lettura del Cipolla mi ha fatto riprendere in mano la meritoria opera data alle stampe alla fine del secolo scorso da Antonio Tosti, “Contributo alla conoscenza della stupidità umana”, Sellerio, 1991.
Essa tratta – come si può ben capire dal cristallino titolo – della stupidità e della scempiaggine dell’umana natura: un argomento caduto un po’ in oblìo dopo l’esauriente saggio cinquecentesco di Erasmo da Rotterdam.
La stupidità umana è trattata con ampi ed illustrati esempi, basandosi su messaggi pubblicitari che presentano prodotti che solo uno stupido potrebbe acquistare: ma come si sa, se esiste un prodotto è perché esistono dei compratori.
Sturmtruppen allineate e coperte
Le spire del serpente di rame
Blu cobalto e ossidi di rame
La rugginosa differenza fra ferro e oro
I piedi del robot
Ala destra bianconera
Le Meccaniche Celesti
Gli esperti di finanza, monetaristi e signoraggisti, nonché le oculate casalinghe, sono tutti invitati a risolvere un difficile quiz partorito dalla mia contorta mente.
Non spaventatevi, non è un quiz culturale; si tratta di oggetti che gran parte di noi ha avuto ed ha per mano quotidianamente: le monetine.
Non sono arrivato fino alle stelle, come la Torre di Babele e lo spread dei BTP: mi sono fermato a 13; una sull’altra, tutte raccolte dal cassetto della scrivania dove prendevano polvere e incollate, grazie a Photoshop, sullo sfondo gentilmente imprestato da Pieter Bruegel il Vecchio.
Il valore della Torre, tutti spiccioli che hanno o hanno avuto circolazione in Italia, non arriva all’euro ed è esattamente di 1135,73 lire del vecchio conio.
L’abile solutore identificherà quali sono le 13 monete che ho utilizzato e in che ordine le ho disposte da terra fino a scalare il cielo, riflettendo sulla cura dimagrante che il tempo ha avuto sugli spiccioli (e non solo su quelli).
Qualche mese fa, lessi sul giornale una interessante notizia relativa alle scarpe MBT, Masai Barefoot Technology, quelle a forma di barchetta che dovrebbero aiutare a camminare esattamente come fanno i Masai a piedi nudi nel parco di Serengeti.
La notizia era che uno studio scientifico aveva dimostrato che in fondo questa tipologia di scarpe non è che facesse poi tutto il bene che ne dice la pubblicità relativamente alla postura più amica della spina dorsale: praticamente, dopo averci fatto l’abitudine, tutti i vantaggi propagandati erano poco più che impercettibili.
La notizia – che al suo interno conteneva una interessante contro notizia (cioè, le MBT non fanno nemmeno male) – mi ha spinto a provare un bel paio di MBT, che non riesco più a cavarmi dai piedi da almeno tre mesi; a riprova che anche la pubblicità negativa funzione, “bene o male, purché se ne parli”.
Devo dire che sono scarpe assai comode e che la sensazione dondolante che danno nel camminare – e anche nello star fermi – è molto piacevole: quanto al mal di schiena non posso dire che me lo hanno fatto sparire, visto che non ne ho mai sofferto ma forse hanno qualche merito nel paio di chiletti che ho perso da quando le porto.
Alla fine, ho trovato che i vantaggi sono comunque superiori ai due gravi svantaggi che vado ad elencare senza scrupoli, visto che funziona anche la pubblicità negativa.
Il primo difetto è che salire sullo scaletto per appendere un quadro comporta elevate doti di equilibrista, tanto che sono venuto alla conclusione che l’unica giustificazione per non essere risalito a bordo da parte del Capitano Schettino possa essere che indossava un paio di MBT e salire con quelle una biscaggina di 77 gradini era un suicidio.
Il secondo difetto vale solo se avete un cane grosso e coglione come il mio: per portare un cane a passeggio con le MBT, il cane deve essere un cane masai da passeggio con i quattro piedi a barchetta pure lui e non un gran bastardo di cane che tira da tutte le parti il pencolante padrone.
Va escluso anche di dotare il gran bastardo di due paia di scarpette MBT perché di fare un mutuo in banca per portare il cane a passeggio, di questi tempi, non è proprio il caso…
Mais mon amour
Mon doux mon tendre mon merveilleux amour
De l’aube claire jusqu’à la fin du jour
Je t’aime encore tu sais je t’aime
(J. Brel – La chanson des Vieux Amants, 1967)
(“Mio amore, mio dolce, mio meraviglioso amore
dall’alba chiara finché il giorno muore
ti amo ancora, sai ti amo”)
L’amore, quello vero, consuma.
Ma per fortuna non finisce mai, almeno per gli inguaribili romantici.
Vale anche per i libri; quelli che amiamo di più si consumano, si sporcano e si strappano fra le nostre mani, come i capelli dell’Amore Perduto di De André.
Non stanno tenuti sotto vetro, lucidi e imbalsamati come la maschera mortuaria di un Faraone; e invecchiano, come noi e con noi; e ingialliscono le pagine mentre noi imbianchiamo i capelli.
Per quanto diffido delle patinate novità librarie che fanno capolino dalle vetrine delle librerie del centro, tanto mi piacciono i libri vecchi, sporchi e stracciati che si possono acquistare nelle bancarelle dell’usato; o trovare nei polverosi solai di casa o – extrema ratio – “rubare” agli amici (se no, che amici sarebbero?)
Eccone alcuni dei miei preferiti, accatastati malamente ma sempre a portata di mano, nonostante le loro precarie condizioni.
Il Borges d’annata, trovato a metà prezzo al Remainders (e il prezzo intero era 300 lire…); la Rivoluzione Francese cantata e annotata dal Carducci in dodici splendidi sonetti, rubata a una bancarella di libri usati; il Lovecraft che mi ha aperto le porte del Sogno e dell’Abominio; il Wilde dell’Abisso, un’edizione degli anni ’20, trovato nella biblioteca di casa.
E il “Libro delle Canzoni dei Beatles”, di Alan Alridge, tanto portato in giro per il mondo, insieme alla chitarra, tenuto insieme dal cerotto del nastro adesivo.
Quell’altro, il più grosso, rilegato in carta da pacchi sporca di unto, è “di famiglia” e molto usato dal 1922 che reca come data di edizione; ma di tutt’altro argomento.
Dovrei amorosamente farli restaurare e rilegare con pregevoli copertine in pelle, ornate con fregi dorati?
No, me li tengo così, insieme alle rughe del volto e ai capelli che ormai iniziano a imbiancare; e il lifting lo lascio a chi ne sente il bisogno, in fondo vingt ans d’amour, c’est l’amour fol…