200 personaggi in cerca d



Il presidente del seggio mi ha appena concesso una pausa, per una sigaretta e un po’ d’aria. Fuori piove ancora. Il sole cala sugli edifici tristi del Cottolengo di Torino, la Piccola Casa della Divina Provvidenza. Sui muri tinti a calce, e le urne di legno, e questo cerimoniale modesto di matite, e schede, e paraventi che fanno da cabina.
È il 1953, e ci si conta sulla legge truffa. Il partito mi ha mandato a controllare che non votasse nessuno che non fosse in grado per mano dei preti. Ma è stata una giornata nervosa. Ho ancora le scarpe bagnate e sento di trovarmi alle frontiere del mondo. Sul confine dell’umano.
Da un lato le mie ragioni laiche di ottimismo e pessimismo, il mio razionalismo settecentesco di ex borghese, l’abitudine a ragionare per immagini, l’ideale comunista, la maturità insofferente di chi preferisce far l’amore il pomeriggio e la sera dormire da solo, il mio bisogno struggente di bellezza, la paura di procreare, la mia mancanza di illusioni eppure questa spinta a fare, come se tutto potesse servire… dall’altro, una processione di carne malata e infetta, il sangue avvilito, il danno del caso, della lue, dell’alcol e degli incesti, il vittimismo cattolico, l’umanità orbata al posto dell’uomo… un’India di gente infelice, di «beghine senza età»… e in mezzo un traffico osceno di voti, un sentore di imbroglio, i ricatti della religione e del potere.
Fumo e osservo nei cortili questa città di piccole donne che si muovono svelte, che vanno a cambiare lenzuola, trascinano fascine. E per poco mi sembra di capire. Di intuire il collo storto della società. Sono venuto qui a scrutinare solo uno stormo di pensieri neri sotto la pioggia.



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