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Gli uomini del mio villaggio mi chiamano «fiamma ardente», ma io so che il fuoco genera solo cenere e che la cenere si raffredda e un soffio di harmattan la disperde. Il mio nome è Okonkwo e abito la terra degli Ibo, nel delta del Niger, dove si coltivano gli ignami. Sono il più forte lottatore del mio villaggio: tutto nervi e muscoli, schiena veloce e cosce salde. La mia statura è eroica, il naso largo, le sopracciglia folte. Solo le parole a volte mi si inceppano sulle labbra, ma mai l’istinto del combattimento. Quando dormo sul mio letto di bambù, mi sentono respirare nel sonno fuori dalla capanna.
Tutti mi rispettano, ma conoscono la severità e la rabbia impulsiva che mi brucia. Non mostro mai altra emozione che la collera e non ho pazienza verso gli uomini falliti. Odio tutto quello che mio padre amava: la gentilezza e l’ozio. La mia fierezza di agricoltore è aspra, e spietata la battaglia contro povertà e sfortuna. Sopporto gli oracoli e tutte le regole della mia società. Ma da quando gli uomini bianchi hanno introdotto la lebbra della nuova religione e gli spacci di olio di palma e noci di cocco, ho tirato giù il mio costume di guerra perché il mio popolo ha perso la forza di combattere.
Mentre la Madre degli Spiriti piange, la mia ultima scelta sarà un sacrilegio e una protesta disperata. Non abbandonerò gli antenati. Come quello di mio padre, il mio corpo verrà gettato nella Foresta Malvagia e solo degli stranieri incapaci di comprendere il mio cuore di tenebra potranno toccarlo.



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