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«La purezza è l’inversione maligna dell’innocenza». Così scrissi con la mano sinistra in data 13 maggio 1938.
Pur essendo un orco dal nome biblico, non sono riuscito a definirla meglio questa tragica verità che un secolo di arianesimi ed epurazioni ha funestamente ristabilito.
Sì, perché io sono un garagista di mestiere e un orco per vocazione, gigante e miope come tutti gli orchi, ma invaso di passione per i bambini e attentissimo a leggere i tracciati delle parole e degli accadimenti quotidiani per cogliervi un senso, una parabola.
Il mio viaggio nell’alterità e nell’imperfezione fu un gioco capovolto tra riserve di caccia e fortezze immaginarie, abitate da padroni crudeli e indemoniati. Un monito contro l’ossessione della purezza, «il vetriolo dell’anima». Per svelare la vera mostruosità della Storia, la sua grande impostura. E transitare nella foresta, come in una favola nordica, con un bambino in braccio, verso una stella d’oro a sei punte.



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