200 personaggi in cerca d



Nel mio elegante bigliettino da visita c’è scritto: signorina Holly Golightly, e poi, in un angolo: in transito. Tutto intorno a me è provvisorio: un gatto senza nome, il letto di legno chiaro e raso bianco, i sacchi di volantini di viaggio, gli oroscopi e i giornali scandalistici, le schiere di militari attempati e di volgari miliardari.
Per alcuni sono una stupida esibizionista, un’attricetta ambiziosa, una mangiaricotta, un’autentica montatura. Ho un sederino magro e un fare spregiudicato, porto grossi occhiali dai molti colori dietro ai quali nascondo gli occhi grandi, vitali come i miei capelli. Ai piedi scarpe di lucertola, sotto le gonne sgargianti giarrettiere e sulla bocca un rossetto esagerato. Le sigarette che preferisco sono le Picayune, la mia grafia è infantile e se vi chiamo tesoro non vi inorgoglite perché lo faccio con tutti.
Nessuno sa dove sono ora, se in un manicomio, in Africa o in un carcere: c’è chi giura che un tempo rubavo uova di tacchino, e che avevo un fratello che adoravo e che morì in guerra, e che fui pure sposata. A ricordarmi nella mia vestaglia di flanella grigia, seduta sulle scale di soccorso di una delle tante stanze che ho abitato, mentre suono la chitarra e canto con una voce ancora acerba Cole Porter e altre sconosciute canzoni della prateria, vien quasi da crederlo pure a me. Dovevo avere l’aria di chi si mastica le punte dei capelli bagnati e piange nel sonno e non sa conservare nulla né riconoscere cosa sia suo. Non volevo possedere niente. Cercavo solo un posto come Tiffany, l’unico luogo che mi facesse passare le paturnie, e l’ansia, e la paura, e questo senso d’essere incerti, effimeri. Un posto vicino al mare, magari una fattoria di cavalli in Messico che non fosse così vuota e vaga come questo paese «dove romba il tuono e le cose scompaiono».



Scrivi il nome dell'autore del personaggio: