200 personaggi in cerca d



Anche se è notte, batto ancora forsennatamente con due dita su una vecchia Remington in un angolo di Radio Central, con un cumulo di Avación nel portacenere e accanto una tisana di cedronella con menta.
Sono rigato di sudore, nerovestito, il cravattino a laccio e l’occhio spiritato. Quattro romanzi radiofonici al giorno, truculenti e frondosi, una montagna di puntate da scrivere e da recitare… mi immaginerete un gigante infaticabile e invece, se ci presenteranno, non vi sarà facile credere che un corpicino così striminzito come il mio possa ospitare tanta immaginazione.
Verrò avanti serio e cerimonioso, ma con due paroloni e un sorrisetto sarò costretto a congedarvi. Non farete in tempo a percepire la cadenza calda della mia voce, la dizione perfetta, che già mi sarò riconsacrato alla mia artigianeria assoluta. Non mi posso fermare, perché crollerebbe il mondo.
Mi chiamano il Balzac creolo, il Napoleone dell’altopiano. Ma non è difficile prevedere, a breve, che mi sommerga lo scandalo della follia e l’ammutinarsi di tutti i miei personaggi.
La vita non è meno sconcia di una radionovela che racconti l’aspirazione alla scrittura di un ragazzino di diciotto anni e i suoi amori con una zia boliviana dalle scarpe bianche e le labbra segnate sempre di rossetto.
Un manicomio barocco e lussurioso; un punto sospensivo di domanda.



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