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Catalogare molluschi terrestri e fluviatili su scrittoi gentilizi che sembravano il tavolo d’un santo o d’un alchimista mi portò a concepire un’originale idea del mondo: che tutto abbia forma di chiocciola o lumaca e sia una spirale di ingiustizie e di soprusi, alla cui finale voluta è incisa la parola libertà.
È quanto mi hanno insegnato i miei studi e gli eventi di cui fui testimone: antefatti ed esiti consumati in giorni di cupo scirocco, proclami in appendice, fondali con rivolte contadine e versi murali. L’estremo capitolo di quel grande laboratorio di anticipazioni e disinganni che fu nella mia isola il Risorgimento.
Io, Enrico Pirajno, eccentrico barone di Mandralisca, naturalista esperto e raffinato collezionista d’arte, fui l’ultimo esponente realmente riscontrabile di un’aristocratica progenie di siciliani che dagli Uzeda al principe di Lampedusa ha diramato il suo luminoso interrogarsi sulla verità degli affari degli uomini, sfuggente sempre come il sorriso d’un ignoto marinaio. Ne conclusi che la Storia è «scrittura continua di privilegiati». Per gli altri, solo il ripetersi di una stessa mancata speranza.



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